venerdì 18 marzo 2011

UN PAESE SENZA MUSICA

“Italia amore mio” cantava, con Pupo, S.A.S. Emanuele Filiberto di Savoia dal palco dell’Ariston. Chissà se come lui la pensino le centinaia di giovani musicisti (veri!) che ogni anno si diplomano nei conservatori italiani, dopo anni di studi impegnativi e costosissimi alla cui conclusione si trovano di fronte un mercato del lavoro praticamente inesistente. Ed una sola possibilità di trovare un lavoro gratificante: emigrare. Duro ammetterlo, ma la ritrovata patria del giovane delfino è una nazione che, all’eccellenza dei percorsi formativi, studiati con cura e rimaneggiati di continuo, fa seguire, troppo spesso, il nulla.
“E’ inutile riformare i conservatori equiparando il valore legale del Diploma a quello della Laurea universitaria, se poi questi debbono ridursi a rappresentare soltanto una fabbrica di disoccupati.”
Così qualche anno fa  Riccardo Muti, che in occasione di un concerto natalizio al Senato con la “sua” Orchestra Luigi Cherubini, formata solo da giovanissimi italiani, rincarò la dose: “A questi ragazzi, madre natura ha fornito delle ali. Ora, perché possano prendere il volo, la società ha il dovere di fornirne loro delle altre.” Già. Il Maestro da anni cerca di creare i presupposti perché in Italia nasca una nuova sensibilità musicale, dando l’opportunità a giovani talenti di far parte dell’Orchestra Cherubini per un ciclo di tre anni, durante i quali hanno l’opportunità di esibirsi in contesti di primo piano. Tra questi spicca il Festival dell’Opera Napoletana, appositamente istituito per questa giovane formazione. A Salisburgo, ovviamente. Per fortuna, però, il Direttore Musicale “in pectore” del Teatro dell’Opera di Roma, non è l’unico ad avere a cuore il destino dei giovani musicisti. Anzi, sembra che questo sia, in effetti, il trend del momento.
Claudio Abbado da anni fonda e dirige orchestre giovanili in ambito europeo e, oggi, la Chamber Orchestra of  Europe e la Gustav Mahler Jugendorchester sono senz’altro dei punti di riferimento. Daniel Barenboim porta in tutto il mondo la West-Eastern Divan Orchestra formata da giovani arabi e israeliani uniti. Gustavo Dudamel, venezuelano appena trentenne, accreditatissimo, si è affermato con l’orchestra nata dal programma educativo con cui il ministro Josè Antonio Abreu, nel 1975, ha immerso nella musica 250 mila ragazzini in gran parte strappati all’inerzia pericolosa dei quartieri più poveri.
Certamente avere a disposizione strumentisti giovani, talentuosi, entusiasti…e non sindacalizzati, può far gola alle “bacchette d’oro”, ma, mettendo da parte la malizia, alla base c’è, essenzialmente, il sogno di una rinascita culturale che possa investire le nuove generazioni, così assuefatte al brutto che la società del terzo millennio sa partorire.
Del resto lo stesso Confucio scrisse: “Volete sapere se una società è ben governata ed ha buoni costumi? Ascoltate la sua musica”. La convinzione che la musica potesse influire in senso positivo o negativo sul comportamento morale degli uomini e sui loro costumi fu, a dire il vero, un aspetto comune a molte civiltà antiche.
Da noi ne è assolutamente convinto anche il grande violinista Uto Ughi, che da anni, con instancabile dedizione, cerca di avvicinare i teenagers alla musica colta.
Il 22 settembre 2009, a Roma, nella chiesa di S. Sabina all’Aventino, durante le prove aperte dell’Orchestra Giovanile “Uto Ughi”, il celebre musicista istriano ha dichiarato ai numerosi ragazzi accorsi: “Bisogna dare ai giovani la possibilità di conoscere la musica classica. Ho verificato personalmente che quando la ascoltano dal vivo, e per tanti di loro è la prima volta, ne restano completamente estasiati, al punto che, molti, giungono addirittura alle lacrime per l’emozione. I giovani aspettano solo che qualche musicista sappia spiegare loro la musica ed apra loro le porte della conoscenza musicale. La musica  è un linguaggio di fratellanza e l’orchestra è l’embrione della società, perché tutti devono ascoltare anche le voci degli altri.”
Sulle scuole, poi, Ughi ha le idee molto chiare: “Più che di riforma – afferma il maestro - io direi che bisognerebbe iniziare a parlare di educazione musicale, perché, finora, non è stato fatto e non si fa quasi nulla. Prima di tutto la istituirei in tutte le scuole, dalla primaria ai licei, naturalmente non come disciplina opzionale ma obbligatoria. Questo servirebbe a formare una cultura musicale, un sensibilità, che in Italia manca quasi del tutto. Ad esempio in Germania far musica tra amici, la domenica, è un’usanza molto diffusa. Da noi si va alla partita. Sarà un caso che lì ci sono 125 orchestre e da noi 25?
                                                                                        Massimiliano Fiorini












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