venerdì 3 dicembre 2010

Moïse et Pharaon: Muti all’Opera… di Roma


Ospitiamo una recensione dalla penna di Elvira Diamantini

Quando ho saputo che Riccardo Muti veniva a Roma ho fatto di tutto per trovare i biglietti e portare mio nipote all’Opera. Il mio è stato un pensiero scaramantico: “anche se dovesse chiudere, almeno mio nipote avrà visto un’opera in Italia ”. Il ragazzo, non senza qualche incertezza sul vestito da indossare (gli proibisco categoricamente i jeans calati e le mutande in vista), accetta l’invito e sapendo delle quattro ore e mezzo di spettacolo che l’attendono sopporta gli sfottò degli amici in vista di giocarsi l’argomento con la tipetta del DAMS che lo emoziona tanto.

Moïse et Pharaon di Rossini è un’opera monolitica, monoteista, monogenere, fatta a forma di piramide egizia: i figli in conflitto, i padri avversari, gli dei in terribile lotta. La storia è nota, la musica un po’ meno, se non fosse per il grande coro finale.
Muti reagisce al peso della narrazione dando spessore e levità a tutta l’opera. Orbita le mani misteriose e potenti, solleva mistico il golfo dell’orchestra e sospesa la massa corale li unisce nel punto perfetto d’un istante e tutti giù a scapicollo compresa la platea, i palchi e il loggione, che quasi per magia si ritrovano intatti a fine frase a passeggiar in su e in giù per le dolci colline d’un Rossini che non tradisce leggerezza e velocità neanche nella narrazione dell’epopea biblica. Un cast d’eccezione con la splendida Sonia Ganassi nei panni di Sinaïde,  l’autorevole e limpido Ildar Abdrazakov in quelli di Moïse e Juan Francisco Gatell inconfodibile timbro di Élièzer.
La solennità del tema è garantita dalla corposa presenza del coro, quasi irriconoscibile nell’elegante performance donata alla capitale (s’intuisce il merito del M° Gabbiani), che ora dà voce al popolo egizio ed ora a quello ebraico con puntale cambio d’intenzione.  Un bis meritatissimo quanto l’ovazione seguita.
Un encomio al versatile corpo di ballo dell’Opera di Roma, che attraverso l’interpretazione di Shen Wei ha reso più attuale il racconto ed in particolare a Fang-Yi Sheu il cui corpo emana soavità e coraggio, forse l’unica vera essenza femminile dell’intero spettacolo.
Muti per tutto il tempo è presenza certa per i cantanti sul palco, gli orchestrali in buca, i ballerini impegnati in coreografie e perfino i figuranti in azione
Il Maestro non dirige, semplicemente tutto inizia a ruotargli intorno.

Però quando mio nipote mi grida , salto sulla sedia incredula io stessa, riuscendo a zittirlo per poco con un sommesso , fin quando non trattiene un altro , allora rinuncio alla difesa e vedo che purtroppo oltre ad una direzione c’è pure una regia.
La questione è l’annoso problema degli uomini: essere Mosè o il Faraone? Il punto è se nel condurre un popolo, una musica, uno spettacolo si debba mostrare i muscoli o convincere con la propria presenza. L’ostentazione di tecnologie video, un misto tra “i dieci comandamenti” e “guerre stellari”, utilizzate ora in senso didascalico, ora ornamentale rende l’opera piatta, immobile, a tratti ridicola - in questo senso i costumi non aiutano – un mettere in mostra i muscoli che, una donna lo sa, rende l’uomo più fragile.

A fine spettacolo mio nipote si è convinto non è del Dio del più forte, né tantomeno dei suoi effetti speciali che parlerà alla sua bella, ma di quell’incantevole muover di mani che nulla afferrano e tutto muovono.

E.D.





lunedì 22 novembre 2010

SCIOPERO FANTASMA: NO GRAZIE!



Con grande pompa della stampa amica, i sindacati di regime annunciano lo sciopero finto di quella che loro chiamano, non per caso, "industria" dello spettacolo.
Peccato che la "grande manifestazione" che si tiene prudentemente al chiuso di un cinema romano, venga proclamata nell'unico giorno di riposo per la maggior parte dei teatri di prosa e lirici. 
Che sciopero è se non lo posso fare? Che spettacolo faccio saltare? Come coinvolgo il pubblico????

Già questa prima cialtronata apparentemente inspiegabile fa sorgere qualche legittimo sospetto...
Sorge poi un'altra spontanea domanda: chi glielo ha chiesto? 
Visto che dall'ormai lontano mese di Luglio si attende invano una riunione unitaria del tavolo sindacale del settore, dove si prendono solitamente le decisioni su scioperi e manifestazioni, sul loro significato, opportunità e messaggio...ancora una volta chiediamo: chi ve lo ha chiesto???

Forse una risposta, per chi vuol vederla sta proprio qui: i lavoratori non lo hanno chiesto, non hanno avuto la sede per farlo, allora chi lo vuole? Chi vuole una manifestazione dove si invoca una legge quadro che fa schifo? Un altro disastro concordato tra il PD della De Biasi e la zelante CARLUCCI che distruggerà, se approvata, quel poco che resta del ruolo pedagogico educativo e di patrimonio dell'identità nazionale, costituito dallo spettacolo dal vivo?

Chi vuole affrettare la firma di un Contratto Nazionale con queste controparti  a tutti i costi?
 Visto che il Governo sta per cadere non sarebbe opportuno sperare e lavorare per levarsi dalle scatole Marco Tutino e altri imbecilli di tale fatta? Oltretutto sapendo che appena si firma un CCNL in vigenza della legge Bondi, si tolgono ulteriori diritti ai lavoratori??? 
La controparte non si è fatta sentire, per ora...invece di approfittarne per cambiare controparte si vuol affrettare la riapertura di una trattativa dove non ci sono nemmeno i fondi minimi stanziati per un qualunque tipo di rinnovo contrattuale...Ma che siamo masochisti?

Quanto zelo, e quanta fretta! Forse si vuol consegnare agli amichetti (Nastasi, De Biase, Tutino) la ciliegina da collocare sulla torta, proprio prima che un cambio del quadro politico rischi di spezzare la Fratellanza rimettendo i lavoratori della lirica in condizioni di chiedere e magari ottenere l'abrogazione della Legge Bondi che tutti ritengono una schifezza ma che non vedono l'ora di applicare.

L'altro slogan (un ideona) , contenuto NON RICHIESTO della dichiarazione di finto sciopero, è quella dell'estensione dei cosiddetti ammortizzatori sociali a tutto il settore, in particolare alle Fondazioni Liriche: strumento che servirà a tutto fuorchè a tutelare i lavoratori: servirà, al contrario, a togliere le tutele a chi le ha, senza darle a chi non le ha: Genova docet: licenziati i precari e decurtati gli stipendi degli stabili che verranno licenziati a loro volta tra due anni per far posto ai nuovi schiavi. Coi lavoratori contrari ma tutta la stampa e il sindacato di regime a favore.
Ricattabili perchè tutti precari e dipendenti dalla programmazione di stagioni sempre più a misura dei proprietari di squadre di calcio che se ne fregano altamente dei diritti dei cittadini di fruire musica di alta qualità.

Tutto questo travestito con uno "sciopero" : visto lo scopo di non disturbare i Sovrintendenti amici siamo in fondo contenti di non poter comunque scioperare contro noi stessi, essendo quasi tutti in giornata di riposo. 
Comunque il nostro slogan d'ora in poi sarà CGIL CISL UIL? NO GRAZIE!


















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lunedì 1 novembre 2010

Dolcetto scherzetto: ecco l'alba dei morti viventi a Genova, gli artisti uccisi dal potere.


Qualcuno, i sindacati autonomi, aveva avvertito tutti i lavoratori...qualcun'altro, come d'abitudine, si affrettava a gettare acqua sul fuoco: i sindacati di regime.
Ora la verità emerge da sola: ecco la procedura per i licenziamenti, senza i quali non esiste alcuna possibilità di applicare i contratti di solidarietà. Prossima mossa, l'applicazione a livello nazionale.

lunedì 25 ottobre 2010

Genova: tutto da rifare!


Se avessimo la bacchetta magica o la macchina del tempo, sarebbe opportuno riavvolgere rapidamente il nastro delle vicende Genovesi, almeno di quattro mesi.
Il dilettantismo gestionale, la miopia politica, l’arroganza nelle relazioni sindacali che sono state messe in campo sulla testa del Carlo Felice, dei suoi artisti, della città, sono ora inevitabilmente sotto gli occhi di tutti.
La prova discende dall’ultima settimana di rassegna stampa, dove si va dalle minacce del petroliere Garrone (O tutti firmano l’accordo o non se ne fa nulla), alle prediche goffamente paternalistiche di Coletti ai lavoratori, al Titanic da abbandonare al suo destino del consigliere di governo Maifredi, che confessa candidamente di perseguire un progetto che sarà con tutta probabilità quello applicato a tutti i teatri.

Si disvela così senza più ambiguità il vero scopo delle prevaricazioni della Sindaco e dei “sindacati buoni e responsabili” sui diritti dei lavoratori:
introdurre ad ogni costo gli ammortizzatori sociali nell’Opera Italiana, non serviva affatto a “salvare” il Carlo Felice dalla bancarotta, serviva unicamente a spianare la strada alla “chiusura del cerchio” aperto da Salvatore Nastasi nel 2005.
Distruggere i diritti contrattuali per liberare risorse economiche fatte mancare col progressivo taglio del FUS.
Ora, arrivando come si sta facendo, alla soppressione totale del finanziamento pubblico, è evidente che il 20 o il 30 o il 40% degli stipendi dei lavoratori (quelli dei dirigenti restano intoccabili) devoluto ai nuovi “gestori” non servirà a un bel nulla. Anzi, il ministro Bondi si precipita in “aiuto” con la promessa di premiare il Carlo Felice rifininziandolo: non si capisce perché  ora e non prima, quando era più necessario!

Portare la situazione della lirica Italiana fino all’esasperazione, ha il solo scopo di far chiudere i battenti temporaneamente alle Fondazioni, per poi riaprirle svuotate del peso del loro patrimonio interno che è il personale, il quale come più volte ribadito, rappresenta il bagaglio culturale da difendere, ma naturalmente, costa soldi. In tal modo i nuovi e vecchi gruppi di poter gestiranno la transizione senza perdere una lira dei loro lauti stipendi.
Come previsto, e in vista di una possibile caduta del Governo, il consiglio dei Ministri ha di corsa concordato di salvare Scala e S.Cecilia e di sommergere tutti gli altri, confezionando una griglia di criteri ad hoc, per far sì che queste due Istituzioni vengano messe al riparo dalla bomba all’Idrogeno che sta per esplodere.
 Si salva la decenza: per non farsi ridere addosso da tutto il mondo questi due teatri andavano certamente salvati, saranno liberi di mantenere i diritti sindacali (questo lo vedremo)? Saranno certamente finanziati diversamente a sufficienza.

Per gli altri si apre l’epoca della devolution: matrimoni nei foyer, concerti rock in palcoscenico, convegni e congressi, probabilmente, e ,qualche volta, una kermesse televisiva con la De Filippi di turno come auspica Maifredi, con gli stipendi polacchi (mandiamo i musicisti di Genova a far la spesa a Poznan?)

La palla passa nelle mani dei Sindaci e dei Presidenti di Regioni e Province, nonché dell’imprenditoria locale. Cominciamo con Cagliari. Eppure, non sarebbe stato difficile, in un paese dove si finanzia la rottamazione auto coi soldi dei contribuenti, almeno defiscalizzare l’ingresso dei privati nelle Fondazioni. Ma che dire, appare, a monte di questo, sempre più incredibile che si tagli un finanziamento pubblico già miserrimo col pretesto della crisi. Francia, Germania, persino l’Albania, hanno fatto esattamente il contrario. Evidentemente sono consapevoli che la cultura si mangia, eccome.

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giovedì 14 ottobre 2010

Genova: cronaca di un stupro politico/sindacale


Mentre postiamo, a Genova i sindacati confederali locali, Cgil Cisl e Uil, hanno firmato presso Confindustria, luogo singolare per una istituzione pubblica, un accordo sulla introduzione dei contratti di solidarietà presso il teatro Carlo Felice.
Ci scusiamo delle parole forti utilizzate nel titolo, e che non sono dell'autore della mail che vi vogliamo girare poichè da sola è sufficientemente ed efficaciemente esplicativa della amara realtà....

Di Paolo Cutolo del teatro Massimo di Palermo:

Ieri a Genova si è tenuta una manifestazione contro il piano di attuazione dei contratti di solidarietà. Non si sa bene con esattezza quest'altro mostro gius-lavoristico quali e quante teste abbia. Si sa solo contro chi si accanisce, i soliti...

Riassuntino delle puntate precedenti:

Carlo Felice con debito conclamato.

Debito significa, questo lo sanno tutti, che si è speso più di quanto si poteva, oppure che le entrate programmate sono andate disattese.
La colpa di chi è?
In genere di chi ha la gestione ed il controllo del borsellino.
Una roba che capita, penso, in ogni famiglia.

Ma a chi si chiede il conto?

Ai soliti.

Insomma io spendo più dello stipendio, poi chiedo alla mia famiglia, ignara, immani sacrifici, troppo bello!
E' quanto è succeso a Genova, ma la vicenda ha aspetti torbidi. Pare che i lavoratori volessero offrire in sacrificio parte delle loro retribuzioni, ma in maniera vigilata, controllata e temporanea, il tempo necessario per uscire dal tunnel, un tunnel nemmeno tanto buio e tanto lungo. Infatti la situazione palermitana, venuta alla luce nel 2003, era ed è estremamente più grave. Sapemmo fare la nostra parte, rinunziando a pezzi di salario, operazione che si è poi perfezionata nel 2006, con ulteriori rinunce. La riduzione del costo del lavoro ha permesso all'amministrazione (non Cognata, ndr), di presentarsi al sistema creditizio con nuove credenziali potendo adottare una soluzione finanziaria, come è noto abbiamo stipulato un mutuo di 25 anni, per soddisfare il credito di BPL.

A Genova la situazione non era così catastrofica, eppure si è scelta una soluzione molto più radicale, inoltre  contrariamente a quanto si è detto, lo strumento del "contratto di solidarietà", che era stato presentato inizialmente come una misura straordinaria per Genova, si scopre adesso che invece è applicabile all'intero sistema delle Fondazioni. E con il taglio el FUS, già programmato per il 2011, c'è d credeci che altri teatri seguiranno l'esempio genovese. 

Il "metodo" ALITALIA (ma anche FIAT Pomigliano), che pare abbia funzionato benissimo per Colannino e Marchionne, ormai imperversa anche da noi: o ti cali le brache e ti ungi per bene, o chiudo i battenti! E c'è da giurarci che un capo-bastone pronto a dire che si è scelto il "male minore" o che si è scampato il "pericolo chiusura" lo si trova sempre, a qualunque prezzo sul mercato del sindacalista venduto... 

Il nuovissimo ricattino aziendale del terzo millennio, coi padroni (e gli amministratori che si comportano come tali) sempre più ricchi ed arroganti, e la gente "normale" che rincorre la fine del mese.

Preferisco sorvolare su tutte le questioni di maggiore o minore rappresentanza, perchè pare che il blitz sia stato effettuato perfino all'insaputa dei quadri intermedi (sarà pure un loro problema se vengono ignorati dai loro capi salvo essere richiamati ai loro doveri per per mobilitare la "base"? E se la base se ne fotte, sarà pure un problema di tutti?); dico "pare", perchè ormai non mi fido abbastanza di alcuno.

Ma l'accento sulle manovre suicide del "sindacato" occorre evidenziarlo.

Insomma non bastano gli strumenti che hanno a disposizione i sovry per strizzarci i c...ni, gliene offriamo un altro, fresco fresco, senza chiederne uno analogo in cambio ed in antitesi. Eppoi stiamo lì a fare spallucce quando ci rendiamo conto di essere disarmati ed impotenti per arginare i soprusi che quotidianamente si consumano dentro le Fondazioni. E stiamo anche lì a chiederci il perchè della disaffezione dei lavoratori verso il sindacato; e stiamo lì a chiederci come mai i lavoratori snobbino e disertino le assemblee perchè stanchi di sentire e vedere gente poco autorevole ed inaffidabile, che chiacchiera, chiacchiera; e stiamo lì a chiederci perchè c'è rassegnazione e senso di abbandono.

C'è sempre un perchè, sempre... 

Tornando alla cronaca della giornata di ieri, da Palermo è partito un nostro delegato per rappresentare Palermo, due giorni e due notti fuori casa.
Ma chi ha rappresentato e non, di Palermo?
Certamente ha rappresentato tutti gli iscritti Fials , giacchè era bandiera-munito, ma chi non ha rappresentato?

Tutti gli altri!
Che vengono lasciati volontoriamente o per inaudita negligenza, nella più totale disinformazione.

Cgil, cisl e uil, che fino a poco tempo fa urlavano contro la legge di riforma e mobilitavano i lavoratori in una battaglia epocale, li ritroviamo a Roma a concordare (forse senza leggere), per introdurre furtivamente un nuovo strumento che rende sempre più potenti i sovrintendenti, e nessuno dice e sa niente...

Una roba analoga la si potrebbe dire, penso, di ogni territorio del Paese.

Le conclusioni e/o l'analisi la lascio a voi tutti. Mi limito a pubblicare il testo di un a mail di un genovese che ha ringraziato "qualcuno", sappiate comprendere voi se siete o meno destinatari di questo ringraziamento…

"...E' stato davvero molto bello marciare in corteo con voi oggi, insieme a
tanti colleghi e amici che non vedevo da tanto tempo. Domani sarà una
giornata molto importante non solo per voi ma per tutti noi che facciamo
questo lavoro. Infatti se dovesse passare la proposta dei contratti di
solidarietà il Carlo Felice sarebbe solo l'apri-pista per tutti gli altri
teatri, disgregando il nostro contratto e rendendoci precari a vita. Io da
precario so bene cosa significa essere pagato solo nei giorni in cui lavoro,
senza alcuna tutela sindacale, per cui vi esorto a non accettare la strada
dei contratti di solidarietà. La minaccia di liquidazione del teatro
spaventerebbe chiunque ma la sua attuazione è tutt'altro che semplice e
immediata. Ritengo che se ci vogliono uccidere insieme al mondo che
rappresentiamo debbano almeno fare lo sforzo di spararci loro invece di
chiederci di suicidarci da soli.
In ogni caso difendete il vostro posto di lavoro, almeno vi distinguerete da
chi oggi ha preferito non manifestare confidando in sigle rappresentative
solo di se stesse e non certo dei lavoratori.
Un abbraccio N.S. 






















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domenica 10 ottobre 2010

Dal piano di "rinascita democratica"...il "piano di rinascita della cultura": i progetti della cricca sui teatri d'opera

Continuiamo a proporvi documenti recenti che annunciano ciò che puntualmente si sta verificando in questi giorni, osservate bene quel che accade a Genova!

giovedì 7 ottobre 2010

Cos'è o meglio cos'era, il FUS: un breve video degli amici di Zeropuntotre

Il documento è vagamente "datato" circa a un anno fa...ma la sua attualità è evidente. Ogni appello al buon senso è stato da parte dei politici ed el Governo in modo particolare, totalmente ignorato....Il FUS del 2011 sarà infatti di circa 300 milioni di euro. Vale a dire la metà, pressappoco, del già misero FUS conservato a malincuore dai governi precedenti, e che è rimasto invariato (cioè privo di crescita anche in rapporto alla sola inflazione) almeno dal 1998 al 2008...Così, lo 0,1% che l'Italia stanzia per l'intero sistema cultura viene ridotto ulteriormente, ponendoci al di sotto delle soglie proprie di paesi poveri e sottosviluppati, e che certamente non hanno il patrimonio culturale più vasto del mondo.






domenica 3 ottobre 2010

TEATRO DEL LIDO DI OSTIA

Continua la mobilitazione del presidio permanente convocato dal comitato per la riapertura del Teatro del Lido di Ostia, esperienza che da sette mesi ha restituito alla città uno spazio di sperimentazione fondamentale nel panorama culturale romano.

Nella città, dopo la notizia dell'imminente sgombero, si sono moltiplicate le iniziative di solidarietà e in molti quartieri della capitale stanno comparendo scritte e striscioni in difesa del teatro. Dagli studenti del liceo Virgilio di Trastevere fino ai ragazzi e le ragazze dell'Horus di P.zza Sempione.

La mattinata (MERCOLEDì) si è aperta con il corteo del liceo Anco Marzio di Ostia che dalla stazione Lido Nord è arrivato fino alla sede di via Capo Sperone. Tra slogan scanditi a ritmo di tamburo, come "se sgomberano il teatro bloccheremo la città" e cori contro il sindaco Alemanno, gli studenti hanno voluto dimostrare la loro vicinanza all'esperienza del teatro. Luca, portavoce del collettivo, dichiara: "manifestiamo per difendere l'unico spazio sociale rimasto a Ostia, aperto anche ai giovani del territorio".

Poco prima di mezzogiorno, un ex lavoratore e un ragazzo del collettivo L’Officina facenti parte del comitato, sono saliti sul tetto del XIII municipio. La decisione nasce dinnanzi all’incapacità dell’amministrazione di saper istaurare un dialogo richiesto ormai 27 mesi fa. Sul posto sono accorsi i vigili del fuoco e diverse volanti, mentre sotto un vivace presidio sostiene i due ragazzi del comitato. Le richieste sono: blocco immediato dello sgombero, partecipazione alla programmazione del teatro e riassunzione dei lavoratori.

Per domani (GIOVEDì) è previsto un sit-in alle ore 17.00 in contemporanea con il consiglio municipale. Invitiamo tutta la cittadinanza a recarsi a p.zza della Stazione Vecchia a solidarizzare con i ragazzi sul tetto e domani a partecipare al presidio. La mobilitazione continua, il Teatro del Lido non si tocca!.

Comitato cittadino per la riapertura del Teatro del Lido

(Dal blog zeropuntotre)

venerdì 1 ottobre 2010

DEREGULATION DE NOANTRI


Di Enrico Celestino
Uno degli argomenti preferiti da Marco Tutino, coadiuvato in più occasioni da raffinati pensatori come i ministri Bondi e Brunetta e autorevoli sottosegretari come Giro e Carlucci, per avvalorare la tesi della “de-stabilizzazione” degli organici artistici dei teatri, è sempre stato: “ Sono necessarie nuove regole per permettere ai teatri lirici di funzionare meglio e produrre di più”. Che è poi il solito argomento ( politici italiani docent ) usato da chi vuole mascherare in primis le proprie mancanze e, a seguire, le proprie mire inconfessabili.
Mire e mancanze
Mire, quelle di Tutino e compagnia cantando (!) che sono, fondamentalmente, di volersi disfare dei complessi stabili dei teatri, sostituendoli con più “agili” e “snelli” complessi modulari quanto precari( un esempio fulgido è l’orchestra  co.co.pro. di Maghenzani e Pellegrini a Parma )
Lo scellerato progetto di cui Tutino è soltanto un epigono, perchè sono anni che, in maniera più o meno manifesta, viene perseguito, prevede in sostanza che un Sovrintendente possa disporre di soldi prevalentemente pubblici in uno status di completa deregulation, in assenza di qualsivoglia controllo e della benchè minima responsabilità di bilancio e quindi  continuare a foraggiare il sistema di agenzie artistiche da sempre imperante nel settore nonchè alimentare la nebulosa attribuzione di compensi non precisamente quantificabili, anche per la natura stessa delle prestazioni artistiche, il tutto in un contesto ad alto rischio di evasione fiscale.
Il liquidatore
Non è un mistero, per chi è dell’ambiente, che l’astuto quanto simpatico Tutino sia stato inviato come liquidatore del Comunale di Bologna.
Esclusi per ovvi motivi la Scala e l’Opera di Roma, il Comunale, all’epoca dell’insediamento di Tutino, rappresentava, fra i teatri disponibili, ciò che di più pericoloso ci potesse essere per i fautori della non-stabilità: ottima visibilità internazionale; prestigio consolidato da importanti Direttori Stabili come Chailly e poi Gatti; Orchestra compatta e organizzata sotto una sola sigla sindacale.
Era necessario scardinare tutto questo per annichilire, nella logica di “colpire uno per educare cento”, contemporaneamente tutte le Fondazioni e la presidenza dell’Anfols dello stesso Tutino con  conseguente progressiva dissociazione della maggior parte dei Sovrintendenti, è stata un ulteriore strumento per Tutino e Co.
L’uso dei media 
Sicuramente allo scopo di “terminare” le orchestre dei Teatri è stato funzionale il fuoco di copertura mediatico di cui accennavamo all’inizio, portato dai vari Bondi (“…gli attuali contratti integrativi che consentono a questi lavoratori, in alcuni casi, privilegi ingiustificati, senza garantire un’adeguata produttività.” “…i contratti delle fondazioni prevedono 16 ore di lavoro a settimana…” Carlucci ( “ Gli organici esorbitanti impediscono di usare fondi per produrre, gli stipendi assorbono l’80%” ) etc. etc.
E’ chiaro che, in prima istanza, se cotanti galantuomini sapessero di trovarsi in presenza di un’informazione meramente degna non si permetterebbero di propalare così enormi scempiaggini prive  di fondamento  di logica come “ …concertare nuove regole per cui si lavori di più e meglio, senza vuoti di programmazione, con turni più serrati e senza ricorrere ad aggiunti esterni…” o  “…se anche il Fus fosse il doppio, i teatri non farebbero una sola recita in più…”.
Un giornalista un minimo informato sulla materia, infatti, potrebbe smontare prontamente il castello di carte del Pinocchio di turno citando i dati reali o domandando perchè allora l’orchestra di Bologna, ad esempio, è ampiamente sottoutilizzata rispetto al contratto di lavoro.
Questa mattina sul Fatto Quotidiano, Marco Travaglio diceva: “…il compito di un giornale non è quello di mettere un microfono in bocca a questo o quello, ma verificare l’attendibilità di quel che dice…”
Vuoti a perdere
Tornando al merito delle dichiarazioni, non si capisce cosa abbia a che fare il contratto di lavoro con i “vuoti di programmazione”. Questi ultimi sono legati piuttosto alle capacità di gestione di Sovrintendenti, Direttori Artistici e, casomai, degli uffici preposti.
Un’orchestra o un coro impiegati per soli dieci giorni in un mese, magari per poche serate di spettacolo, denunciano un problema di inidoneità dei cosiddetti “manager”, non dei dipendenti o del contratto.
Per essere più chiari. Se io, Prima Viola del Teatro Comunale di Bologna faccio una sola recita in un mese o ne faccio venti, costo al Teatro esattamente la stessa cifra.
Allora può darsi che il problema stia da un’altra parte.
Per esempio nei cachet di artisti e registi o nei costi degli allestimenti o magari nel mancato coordinamento fra le Fondazioni nello scambio di allestimenti. Chissà.
O, più semplicemente, tutto sta in una realtà inconfessabile: l’Italia destina lo 0,16% del PIL alla cultura, la media europea è dell’1,4%. E questo è un dato riferito a prima dei tagli Bondiani.
Però nella campagna di stampa di cui sopra ( come nel decreto Bondi ) non abbiamo mai letto nulla al proposito mentre non mancava mai una citazione a privilegi e stipendi principeschi degli orchestrali
Proposte, non proteste
E’ stato più volte dimostrato, proprio qui al Comunale di Bologna, che la risposta di pubblico a proposte di programmi anche di facile ascolto e non necessariamente con protagonisti di fama è sempre stata positiva.
I bolognesi, come il resto del pubblico italiano, hanno sete di musica ( e di spettacolo in genere ) e le serate di Musica Insieme o Bologna Festival o dell’Orchestra Mozart non bastano a soddisfarli.
Orchestra e Coro potrebbero quindi essere impiegati in produzioni a costo zero che potrebbero riavvicinare il pubblico fuggito dalle recite-saggio della Scuola dell’Opera di Tutino.

Invece no. Si è deciso che il cancro dei teatri italiani sono gli stipendi delle orchestre. E questo basti
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sabato 25 settembre 2010

Schiena dritta




Di questi tempi schiene dritte ce ne sono davvero poche, quindi vedere i lavoratori del Carlo Felice di Genova vendere cara la pelle mettendo al primo posta la dignità delle proprie vite, che, come per tutti è fondata sulla dignità nel lavoro, fa aprire uno spiraglio di luce nel "deserto dei Tartari" di una politica asservita ai soldi e di servi della politica asservita ai soldi.
Meritano il plauso e il ringraziamento di tutti i loro colleghi d'Italia e, con buona pace di chi voleva imporre un referendum pilotato, hanno espresso un no alla Cassa Integrazione e ai "Contratti di Solidarietà" tanto forte e chiaro, da farlo arrivare persino alle orecchie del Ministero e del Sindaco...204 voti a favore del no, 11 si, 5 astenuti.
Un plebiscito, pari solo alla richiesta di cacciare Tutino dal Comunale di Bologna in cui abbiamo visto con piacere schierarsi la totalità dei lavoratori bolognesi. 
In quel caso il PD cittadino fece orecchie da mercante e il suddetto Tutino ci farà il piacere di accomodarsi altrove solo nei prossimi giorni, a distanza di oltre un anno dalla sfiducia ricevuta. Nel frattempo i vertici comunali bolognesi vennero commissariati per le note vicende....per una volta un commissariamento sensato.
Sarebbe ora il momento che i giornali genovesi di regime pubblicassero, assieme alle fantasiose esternazioni del petroliere Garrone anche le buste paga dei lavoratori del Teatro e i loro CUD  la cui differenza con gli stipendi dei calciatori cui vengono paragonati, metterebbe a tacere ogni polemica.
Sarebbe ora, inoltre di cominciare a pubblicare i compensi dei cantanti, dei registi e delle agenzie, dei Sovrintendenti, direttori artistici ecc. Magari cominciando proprio da Genova e considerando gli ultimi 5 anni. Così, per amor di trasparenza.

mercoledì 22 settembre 2010



GENOVA-POMIGLIANO: il Referendum e la schedatura dei lavoratori

Impossibile, sentendo le ultime di stampa sulla situazione genovese, non pensare a Pomigliano.
Il nuovo modello di relazioni industriali inaugurato da Fiat e Governo viene copiato pari pari per piegare i lavoratori del Carlo Felice di Genova,  ovviamente recalcitranti, a subire una imposizione surreale e illegale, la Cassa Integrazione per i musicisti: Un istituto che nasce per far fronte alle crisi di mercato e non ai problemi di liquidità degli imprenditori…Ancor più grave è il fatto che la domanda di spettacolo, nonostante la crisi economica, vede un trend costantemente in crescita, quindi ci sarebbe molta più domanda di quanta se ne riesca a soddisfare. La crisi delle Fondazioni è tutta costruita, come si ripete da tempo, da chi vuol tagliare i fondi pubblici per dar spazio agli affari di privati, disposti a entrare solo a condizione di poter speculare sul danaro pubblico, che attualmente è destinato agli stipendi, spese non “dopabili” con lievitazioni diciamo artificiali. Cosa molto facile da fare invece coi registi, cantanti, allestimenti ecc…

Come a Pomigliano, il più autorevole partito della sinistra inneggia a “nuove relazioni industriali”, facendo eco a Fassino e Chiamparino che su Pomigliano appunto, hanno espresso favore per il modello Marchionne…
Diversamente da Pomigliano però, la Cgil, anziché ribellarsi, approva, d’accordo col Sindaco Vincenzi, che evidentemente ha tutt’altra intenzione che salvare il suo teatro dalla cricca.
Così si accetta persino un referendum, deciso non già dagli stessi sindacati come sarebbe ovvio, ma dal Consiglio di Amministrazione!
Un modo, come a Pomigliano di terrorizzare e schedare i lavoratori che avranno da scegliere tra due splendide alternative: Cassa Integrazione (60% dello stipendio per tre mesi poi Dio sa che succederà) oppure Contratto di Solidarietà, proposto dalla fida UIL (sindacato di riferimento del Governo come a Pomigliano) con lo stipendio decurtato per almeno un anno.
Come dire: vuoi morire per impiccagione o per fucilazione?
Nessuno accenna al fatto che si fanno mancare volutamente i fondi per andare avanti (da parte di Governo e Comune), nessuno quantifica quale sarebbe la spesa per pagare gli stipendi regolarmente.
Dopo 10 anni di gestioni “allegre”, allestimenti faraonici, assurde spese artistiche in stile Parma, liti di potere tra Sovrintendenti e Direttori d’Orchestra, sfascio delle relazioni sindacali durante l’era Di Benedetto,  insomma dopo tutto questo la Vincenzi si accorda col Ministero per applicare un istituto non previsto dalla legge e assolutamente devastante per il teatro e i lavoratori: la Cassa Integrazione.
E dopo? Con quali soldi Pacor, Vincenzi, Fossati & Co. finanzieranno l’ennesimo “piano industriale” (altra amenità di invenzione genovese) salvifico solo sulla carta? Nessuno lo sa.
Però abbiamo trovato il capro espiatorio dei mali italiani a Pomigliano come a Genova: gli stipendi dei lavoratori, i più bassi d’Europa.
Speriamo che i sindaci di altre città, come per ora avviene a Roma e Firenze, abbiano un po’ più a cuore il futuro del proprio teatro.
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martedì 21 settembre 2010

Dal succulento Blog di Enrico Celestino, volentieri pubblichiamo

Passerotto, non andare via...

di Enrico Celestino

Premessa. Come forse saprete chi scrive è di fiere origini napoletane, quindi molto scaramantico. Perciò, pure a fronte delle interviste ultimamente rilasciate dal M° Tutino, il discorso che mi accingo a fare lo accompagno con gesti apotropaici che potete facilmente immaginare.


Ci mancherà il fare modesto, per nulla supponente, la coerenza di pensiero, la correttezza formale e sostanziale tanto nelle relazioni sindacali, quanto nelle scelte gestionali, l’immediata simpatia nelle relazioni personali che scaturisce dallo spontaneo mettersi sullo stesso piano dell’interlocutore, il rispetto sia delle norme contrattuali che della dignità professionale dei musicisti, il coraggio nel mettersi in gioco sempre in prima persona riconoscendo all’altro il diritto di critica.  
Ci mancheranno esattamente come ci sono mancate dal suo arrivo a Bologna. 
Niente di tutto ciò, infatti, abbiamo avuto il privilegio di notare, non già per giovarci meramente della sua compagnia ma nell’interesse del Teatro Comunale di Bologna.  
Ci permettiamo un ricordo personale.
Al primo incontro con le Prime Parti dell’Orchestra nel suo ufficio, esordì dicendo che la prima  cosa da fare per ridare lustro al Teatro Comunale ( probabilmente quello perso partecipando con successo ai maggiori festival europei ) sarebbe stata quella di riformare l’ufficio stampa e il marketing e lo sottolineò con un gesto inequivocabile: prendendo in mano un programma di sala come fosse una lisca di pesce da un cassonetto dei rifiuti.
Ricordiamo, giusto per rendere l’idea, quando, per scoraggiare l’adesione ad uno sciopero, decise in combutta con l’allora Sindaco Cofferati, di avvalersi dell’obsoleto e controverso articolo 1256 del Codice Civile, riguardante l’irricevibilità della prestazione e, non pago, ne diede preventivo, intimidatorio avviso ai dipendenti, ottenendo una condanna in primo e secondo grado, per lui e il suo sodale, per condotta antisindacale.
Oppure si potrebbe rievocare la genesi ( ed il prosieguo ) della famigerata Scuola dell’Opera,  operante (!) già un anno e mezzo prima di nascere con regolare statuto ( lo provano le  citazioni sulle locandine del Teatro Comunale ), che pur essendo associazione privata, utilizzava  ‘uomini e mezzi’ del Comunale e ha ottenuto perfino finanziamenti dedicati ( 450.000 Euro ) dalla Cassa di Risparmio di Bologna che, contemporaneamente li ha negati  al Comunale a causa della conflittualità tra i dipendenti e lo stesso Tutino ( Presidente della Scuola dell’Opera ). Che fosse, il nostro, in conflitto di interessi? Chi lo sa.
Tutto questo, sommato all’imponente deficit finanziario in parte ascrivibile alla sua inadeguatezza già solo formale ( non ci risultano specifiche formazioni né esperienze di Tutino in campo gestionale ) passa in secondo piano, a nostro avviso, a confronto del sistematico, scientifico, cinico sabotaggio dall’interno del prestigio artistico del Comunale di Bologna, ottenuto attraverso la promozione indiscriminata dei suoi ‘Scolari dell’Opera’ in luogo, non già di grandi nomi della Lirica, ma nemmeno di cantanti e direttori professionisti e quindi avvilendo quotidianamente il lavoro  di un’orchestra e di un coro che meriterebbero quanto meno di continuare ad esibirsi in contesti di  alto livello, come avveniva prima della malaugurata ‘gestione Tutino’.     
In più di vent’anni di Comunale, ad ogni cambio di Sovrintendente, abbiamo quasi sempre dovuto, inaspettatamente, rimpiangere il ‘puzzone’ di turno.
Groucho Marx disse: “ Non dimentico mai una faccia ma nel suo caso farò un’eccezione!”
Ecco, nel caso di Tutino, faremo un’eccezione.
                                           Prof. Enrico Celestino

lunedì 13 settembre 2010

Con quella faccia un pò così....

Dal lontano 2005, epoca ancora aperta a qualche speranza di una classe politica migliore, iniziò, o meglio, prese forma concreta, l'accanimento dei nostri governi contro la cultura e tutto ciò che è atto a diffonderla.

Un oscuro senatore umbro di cui non si era mai sentito parlare prima, prese a cuore la cosiddetta riforma delle Fondazioni lirico-sinfoniche ovvero dei nostri pochi e mal amministrati Teatri d'Opera.
Il suo disegno, o meglio il disegno di chi lo ispirava, era tutto proteso verso l'umiliazione e la diffamazione dei musicisti: rei secondo il Senatore e i suoi ispiratori di percepire stipendi da favola e di lavorare poco a spese dell'ignaro e vessato contribuente.

Già allora si varò una legge dello stato, la Legge n.43\2005, che prevedeva l'intervento diretto da parte del Ministro preposto, sulla contrattazione sindacale tra le parti, con l'annullamento per legge, cosa scandalosa oltre che inedita nelle relazioni industriali italiane, degli aumenti salariali    ottenuti nei singoli teatri. Come se lo stato annullasse i contratti aziendali  tra Federmeccanica e i sindacati, d'autorità...
Nulla veniva detto sugli sperperi e corruttele varie tra direttori artistici, agenzie di intermediazione di cantanti e registi, conti correnti a Montecarlo, cachet pagati in nero ecc...

A parere del Ministero insomma, la soluzione a tutti i mali della Lirica in Italia era da ricercarsi non nei gestori, ma negli esecutori...

Quel disegno fu parzialmente sventato grazie al cambio di governo (Da Berlusconi a Prodi) e di ministro (da Urbani\Buttiglione a Rutelli) avvenuto di lì a pochi mesi, ma soprattutto grazie alla reazione energica dei musicisti stessi che faticarono non poco a convincere la nuova compagine ad abrogare almeno i peggiori tra gli articoli di quella nefasta legge...Nel frattempo i finanziamenti dello Stato al settore  (F.U.S.) venivano bene o male mantenuti abbastanza costanti, il che consentiva in qualche modo di proseguire decentemente il lavoro di tutti i giorni: fare spettacoli per il pubblico...

Insomma, seppure unanimemente si dichiarasse la volontà di riformare un settore senza dubbio bisognoso di regole certe per la gestione del pubblico denaro (del tutto assenti) e di ammodernamento (bestia nera sia degli amministratori che dei sindacati) si tirava italianamente a campare come se poco o nulla fosse accaduto.

Cinque anni son passati da quel lontano 2005: cinque anni come cinque secoli.
Un abisso politico e sociale ci separa da quell'epoca...una costante campagna di diffamazione a mezzo stampa (di destra e di sinistra) ha convinto l'opinione pubblica che i musicisti sono dei mostri, pieni di vergognosi e immeritati privilegi  che lavorano il meno possibile. 
A nulla sono valse le proteste di Uto Ughi,  Zubin Metha,  Riccardo Muti, Daniel Barenboim ecc...

Questa campagna ha così preparato un fertile terreno per giungere all'oggi:
 la Legge Bondi non è che il frutto di una volontà diffusa, forse sfuggita di mano, a Sovrintendenti anche sedicenti di sinistra, che all'epoca istigarono (termine non casuale) il Ministero a far di tutto per compiere l'"opra": distruggere i diritti dei musicisti per liberare ancora più denari da spendere senza controllo per gli amici (le agenzie) che stanno fuori dai teatri con le fauci spalancate (da sempre).

Niente di nuovo sotto il sole, si dirà, e invece molto di nuovo, di inedito, c'è nel portare a compimento il misfatto in questione....E' quel nuovo che avanza e che vediamo ogni giorno prendere forma mostruosa in altri più ricchi e succulenti contesti: i Grandi Eventi, il terremoto dell'Aquila, il G8 della Maddalena ecc...
E' l'allargarsi della Cricca che si dà da fare per andare ad occupare in fretta e rimuovendo tutti i possibili ostacoli anche costituzionali, ogni minimo spazio lasciato libero da una opposizione che manca all'appello: l'opposizione degli onesti.

Grande o piccino, ogni settore della vita pubblica e non, dove circuitano soldi è invaso e reso proprio dalla Cricca che anche nella lirica è oggetto di indagini e intercettazioni, troppo lente per fermare l'infernale macchina distruttiva. 

Nel caso della lirica come in altri, l'inquinamento è stato possibile anche grazie alla passività (nel migliore dei casi) dell'opposizione la quale ha creduto, sbagliando come al solito, che sacrificando al nemico qualcosa (i musicisti dei Teatri Lirici) avrebbe almeno "salvato" il Teatro di Prosa, il Cinema ecc...

Così alla Camera dei Deputati abbiamo assistito increduli alla seduta decisiva per affossare la legge Bondi, dove l'opposizione si è divisa tra intransigente e accomodante. 
PD e IDV al Senato hanno dato insieme dura battaglia, mentre alla Camera si sono separati per volontà di una parte del PD stesso, che sperava di portare a casa un altra legge, la legge quadro Carlucci-Barbareschi PDL-De Biasi PD, che non vedrà mai la luce. L'unico che ha portato a casa quel che voleva è stato il governo ottenendo di votare in tempo la legge Bondi.

Risultato: la distruzione della lirica italiana a partire dal suo patrimonio fondativo che non sono i muri dei Teatri, bensì gli esecutori, và avanti a colpi di mannaia.
 Atti recenti indicanti il progredire del disastro sono in ordine di tempo: il tentativo di introdurre la Cassa Integrazione nello spettacolo lirico (il che costituisce un non-senso di cui spiegheremo in altro post il significato e la portata) e l'emanazione di un primo indirizzo Ministeriale che riguarda appunto la legge Bondi: quello su come dovrà essere demolito il Contratto Nazionale di Lavoro vigente nella lirica.
Ovvero come rendere concreta l'attuazione del taglio degli stipendi, dei diritti, dei posti di lavoro, per far largo alla Grandi Eventi nei teatri  e diseducare ulteriormente il pubblico italiano alla buona esecuzione musicale.

Segnali preoccupanti di impoverimento culturale sono quelli della sostituzione televisiva della fruizione dal vivo del prodotto "teatro musicale"e della educazione musicale scolastica, del tutto cassata, nei fatti, nel sistema formativo italiano, e non da oggi.
Contemporaneamente il F.U.S. unico strumento finanziario, viene tagliato talmente tanto, col pretesto della crisi economica nazionale, da costringere i Sovrintendenti volenti e nolenti  ad attuare l'aggressione ai dipendenti per sopravvivere, non avendo peraltro alcun modo per convincere i privati a metter soldi nei teatri.
Si chiudono così istituzioni culturali importanti e storiche come l'E.T.I. Ente Teatrale Italiano pur premiando il suo presidente Ferrazza, coperto di denaro dallo stesso ministero attraverso l'incarico di "salvare" il Carlo Felice di Genova (non ci pare con buoni risultati) e licenziando in tronco tutti gli altri 250 lavoratori dell'ETI, nonostante gli sforzi negoziali  che  De Biasi ha profuso offrendo la lirica in cambio del Teatro...

Con che faccia la Sindaca Vincenzi Marta, di Genova, parli nelle manifestazioni di salvataggio della cultura e poi proponga la Cassa integrazione per il suo Teatro e con che faccia il sindacato di partito la appoggi, non si sà, ma a noi pare una faccia..."un pò così".




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