lunedì 25 ottobre 2010

Genova: tutto da rifare!


Se avessimo la bacchetta magica o la macchina del tempo, sarebbe opportuno riavvolgere rapidamente il nastro delle vicende Genovesi, almeno di quattro mesi.
Il dilettantismo gestionale, la miopia politica, l’arroganza nelle relazioni sindacali che sono state messe in campo sulla testa del Carlo Felice, dei suoi artisti, della città, sono ora inevitabilmente sotto gli occhi di tutti.
La prova discende dall’ultima settimana di rassegna stampa, dove si va dalle minacce del petroliere Garrone (O tutti firmano l’accordo o non se ne fa nulla), alle prediche goffamente paternalistiche di Coletti ai lavoratori, al Titanic da abbandonare al suo destino del consigliere di governo Maifredi, che confessa candidamente di perseguire un progetto che sarà con tutta probabilità quello applicato a tutti i teatri.

Si disvela così senza più ambiguità il vero scopo delle prevaricazioni della Sindaco e dei “sindacati buoni e responsabili” sui diritti dei lavoratori:
introdurre ad ogni costo gli ammortizzatori sociali nell’Opera Italiana, non serviva affatto a “salvare” il Carlo Felice dalla bancarotta, serviva unicamente a spianare la strada alla “chiusura del cerchio” aperto da Salvatore Nastasi nel 2005.
Distruggere i diritti contrattuali per liberare risorse economiche fatte mancare col progressivo taglio del FUS.
Ora, arrivando come si sta facendo, alla soppressione totale del finanziamento pubblico, è evidente che il 20 o il 30 o il 40% degli stipendi dei lavoratori (quelli dei dirigenti restano intoccabili) devoluto ai nuovi “gestori” non servirà a un bel nulla. Anzi, il ministro Bondi si precipita in “aiuto” con la promessa di premiare il Carlo Felice rifininziandolo: non si capisce perché  ora e non prima, quando era più necessario!

Portare la situazione della lirica Italiana fino all’esasperazione, ha il solo scopo di far chiudere i battenti temporaneamente alle Fondazioni, per poi riaprirle svuotate del peso del loro patrimonio interno che è il personale, il quale come più volte ribadito, rappresenta il bagaglio culturale da difendere, ma naturalmente, costa soldi. In tal modo i nuovi e vecchi gruppi di poter gestiranno la transizione senza perdere una lira dei loro lauti stipendi.
Come previsto, e in vista di una possibile caduta del Governo, il consiglio dei Ministri ha di corsa concordato di salvare Scala e S.Cecilia e di sommergere tutti gli altri, confezionando una griglia di criteri ad hoc, per far sì che queste due Istituzioni vengano messe al riparo dalla bomba all’Idrogeno che sta per esplodere.
 Si salva la decenza: per non farsi ridere addosso da tutto il mondo questi due teatri andavano certamente salvati, saranno liberi di mantenere i diritti sindacali (questo lo vedremo)? Saranno certamente finanziati diversamente a sufficienza.

Per gli altri si apre l’epoca della devolution: matrimoni nei foyer, concerti rock in palcoscenico, convegni e congressi, probabilmente, e ,qualche volta, una kermesse televisiva con la De Filippi di turno come auspica Maifredi, con gli stipendi polacchi (mandiamo i musicisti di Genova a far la spesa a Poznan?)

La palla passa nelle mani dei Sindaci e dei Presidenti di Regioni e Province, nonché dell’imprenditoria locale. Cominciamo con Cagliari. Eppure, non sarebbe stato difficile, in un paese dove si finanzia la rottamazione auto coi soldi dei contribuenti, almeno defiscalizzare l’ingresso dei privati nelle Fondazioni. Ma che dire, appare, a monte di questo, sempre più incredibile che si tagli un finanziamento pubblico già miserrimo col pretesto della crisi. Francia, Germania, persino l’Albania, hanno fatto esattamente il contrario. Evidentemente sono consapevoli che la cultura si mangia, eccome.

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giovedì 14 ottobre 2010

Genova: cronaca di un stupro politico/sindacale


Mentre postiamo, a Genova i sindacati confederali locali, Cgil Cisl e Uil, hanno firmato presso Confindustria, luogo singolare per una istituzione pubblica, un accordo sulla introduzione dei contratti di solidarietà presso il teatro Carlo Felice.
Ci scusiamo delle parole forti utilizzate nel titolo, e che non sono dell'autore della mail che vi vogliamo girare poichè da sola è sufficientemente ed efficaciemente esplicativa della amara realtà....

Di Paolo Cutolo del teatro Massimo di Palermo:

Ieri a Genova si è tenuta una manifestazione contro il piano di attuazione dei contratti di solidarietà. Non si sa bene con esattezza quest'altro mostro gius-lavoristico quali e quante teste abbia. Si sa solo contro chi si accanisce, i soliti...

Riassuntino delle puntate precedenti:

Carlo Felice con debito conclamato.

Debito significa, questo lo sanno tutti, che si è speso più di quanto si poteva, oppure che le entrate programmate sono andate disattese.
La colpa di chi è?
In genere di chi ha la gestione ed il controllo del borsellino.
Una roba che capita, penso, in ogni famiglia.

Ma a chi si chiede il conto?

Ai soliti.

Insomma io spendo più dello stipendio, poi chiedo alla mia famiglia, ignara, immani sacrifici, troppo bello!
E' quanto è succeso a Genova, ma la vicenda ha aspetti torbidi. Pare che i lavoratori volessero offrire in sacrificio parte delle loro retribuzioni, ma in maniera vigilata, controllata e temporanea, il tempo necessario per uscire dal tunnel, un tunnel nemmeno tanto buio e tanto lungo. Infatti la situazione palermitana, venuta alla luce nel 2003, era ed è estremamente più grave. Sapemmo fare la nostra parte, rinunziando a pezzi di salario, operazione che si è poi perfezionata nel 2006, con ulteriori rinunce. La riduzione del costo del lavoro ha permesso all'amministrazione (non Cognata, ndr), di presentarsi al sistema creditizio con nuove credenziali potendo adottare una soluzione finanziaria, come è noto abbiamo stipulato un mutuo di 25 anni, per soddisfare il credito di BPL.

A Genova la situazione non era così catastrofica, eppure si è scelta una soluzione molto più radicale, inoltre  contrariamente a quanto si è detto, lo strumento del "contratto di solidarietà", che era stato presentato inizialmente come una misura straordinaria per Genova, si scopre adesso che invece è applicabile all'intero sistema delle Fondazioni. E con il taglio el FUS, già programmato per il 2011, c'è d credeci che altri teatri seguiranno l'esempio genovese. 

Il "metodo" ALITALIA (ma anche FIAT Pomigliano), che pare abbia funzionato benissimo per Colannino e Marchionne, ormai imperversa anche da noi: o ti cali le brache e ti ungi per bene, o chiudo i battenti! E c'è da giurarci che un capo-bastone pronto a dire che si è scelto il "male minore" o che si è scampato il "pericolo chiusura" lo si trova sempre, a qualunque prezzo sul mercato del sindacalista venduto... 

Il nuovissimo ricattino aziendale del terzo millennio, coi padroni (e gli amministratori che si comportano come tali) sempre più ricchi ed arroganti, e la gente "normale" che rincorre la fine del mese.

Preferisco sorvolare su tutte le questioni di maggiore o minore rappresentanza, perchè pare che il blitz sia stato effettuato perfino all'insaputa dei quadri intermedi (sarà pure un loro problema se vengono ignorati dai loro capi salvo essere richiamati ai loro doveri per per mobilitare la "base"? E se la base se ne fotte, sarà pure un problema di tutti?); dico "pare", perchè ormai non mi fido abbastanza di alcuno.

Ma l'accento sulle manovre suicide del "sindacato" occorre evidenziarlo.

Insomma non bastano gli strumenti che hanno a disposizione i sovry per strizzarci i c...ni, gliene offriamo un altro, fresco fresco, senza chiederne uno analogo in cambio ed in antitesi. Eppoi stiamo lì a fare spallucce quando ci rendiamo conto di essere disarmati ed impotenti per arginare i soprusi che quotidianamente si consumano dentro le Fondazioni. E stiamo anche lì a chiederci il perchè della disaffezione dei lavoratori verso il sindacato; e stiamo lì a chiederci come mai i lavoratori snobbino e disertino le assemblee perchè stanchi di sentire e vedere gente poco autorevole ed inaffidabile, che chiacchiera, chiacchiera; e stiamo lì a chiederci perchè c'è rassegnazione e senso di abbandono.

C'è sempre un perchè, sempre... 

Tornando alla cronaca della giornata di ieri, da Palermo è partito un nostro delegato per rappresentare Palermo, due giorni e due notti fuori casa.
Ma chi ha rappresentato e non, di Palermo?
Certamente ha rappresentato tutti gli iscritti Fials , giacchè era bandiera-munito, ma chi non ha rappresentato?

Tutti gli altri!
Che vengono lasciati volontoriamente o per inaudita negligenza, nella più totale disinformazione.

Cgil, cisl e uil, che fino a poco tempo fa urlavano contro la legge di riforma e mobilitavano i lavoratori in una battaglia epocale, li ritroviamo a Roma a concordare (forse senza leggere), per introdurre furtivamente un nuovo strumento che rende sempre più potenti i sovrintendenti, e nessuno dice e sa niente...

Una roba analoga la si potrebbe dire, penso, di ogni territorio del Paese.

Le conclusioni e/o l'analisi la lascio a voi tutti. Mi limito a pubblicare il testo di un a mail di un genovese che ha ringraziato "qualcuno", sappiate comprendere voi se siete o meno destinatari di questo ringraziamento…

"...E' stato davvero molto bello marciare in corteo con voi oggi, insieme a
tanti colleghi e amici che non vedevo da tanto tempo. Domani sarà una
giornata molto importante non solo per voi ma per tutti noi che facciamo
questo lavoro. Infatti se dovesse passare la proposta dei contratti di
solidarietà il Carlo Felice sarebbe solo l'apri-pista per tutti gli altri
teatri, disgregando il nostro contratto e rendendoci precari a vita. Io da
precario so bene cosa significa essere pagato solo nei giorni in cui lavoro,
senza alcuna tutela sindacale, per cui vi esorto a non accettare la strada
dei contratti di solidarietà. La minaccia di liquidazione del teatro
spaventerebbe chiunque ma la sua attuazione è tutt'altro che semplice e
immediata. Ritengo che se ci vogliono uccidere insieme al mondo che
rappresentiamo debbano almeno fare lo sforzo di spararci loro invece di
chiederci di suicidarci da soli.
In ogni caso difendete il vostro posto di lavoro, almeno vi distinguerete da
chi oggi ha preferito non manifestare confidando in sigle rappresentative
solo di se stesse e non certo dei lavoratori.
Un abbraccio N.S. 






















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domenica 10 ottobre 2010

Dal piano di "rinascita democratica"...il "piano di rinascita della cultura": i progetti della cricca sui teatri d'opera

Continuiamo a proporvi documenti recenti che annunciano ciò che puntualmente si sta verificando in questi giorni, osservate bene quel che accade a Genova!

giovedì 7 ottobre 2010

Cos'è o meglio cos'era, il FUS: un breve video degli amici di Zeropuntotre

Il documento è vagamente "datato" circa a un anno fa...ma la sua attualità è evidente. Ogni appello al buon senso è stato da parte dei politici ed el Governo in modo particolare, totalmente ignorato....Il FUS del 2011 sarà infatti di circa 300 milioni di euro. Vale a dire la metà, pressappoco, del già misero FUS conservato a malincuore dai governi precedenti, e che è rimasto invariato (cioè privo di crescita anche in rapporto alla sola inflazione) almeno dal 1998 al 2008...Così, lo 0,1% che l'Italia stanzia per l'intero sistema cultura viene ridotto ulteriormente, ponendoci al di sotto delle soglie proprie di paesi poveri e sottosviluppati, e che certamente non hanno il patrimonio culturale più vasto del mondo.






domenica 3 ottobre 2010

TEATRO DEL LIDO DI OSTIA

Continua la mobilitazione del presidio permanente convocato dal comitato per la riapertura del Teatro del Lido di Ostia, esperienza che da sette mesi ha restituito alla città uno spazio di sperimentazione fondamentale nel panorama culturale romano.

Nella città, dopo la notizia dell'imminente sgombero, si sono moltiplicate le iniziative di solidarietà e in molti quartieri della capitale stanno comparendo scritte e striscioni in difesa del teatro. Dagli studenti del liceo Virgilio di Trastevere fino ai ragazzi e le ragazze dell'Horus di P.zza Sempione.

La mattinata (MERCOLEDì) si è aperta con il corteo del liceo Anco Marzio di Ostia che dalla stazione Lido Nord è arrivato fino alla sede di via Capo Sperone. Tra slogan scanditi a ritmo di tamburo, come "se sgomberano il teatro bloccheremo la città" e cori contro il sindaco Alemanno, gli studenti hanno voluto dimostrare la loro vicinanza all'esperienza del teatro. Luca, portavoce del collettivo, dichiara: "manifestiamo per difendere l'unico spazio sociale rimasto a Ostia, aperto anche ai giovani del territorio".

Poco prima di mezzogiorno, un ex lavoratore e un ragazzo del collettivo L’Officina facenti parte del comitato, sono saliti sul tetto del XIII municipio. La decisione nasce dinnanzi all’incapacità dell’amministrazione di saper istaurare un dialogo richiesto ormai 27 mesi fa. Sul posto sono accorsi i vigili del fuoco e diverse volanti, mentre sotto un vivace presidio sostiene i due ragazzi del comitato. Le richieste sono: blocco immediato dello sgombero, partecipazione alla programmazione del teatro e riassunzione dei lavoratori.

Per domani (GIOVEDì) è previsto un sit-in alle ore 17.00 in contemporanea con il consiglio municipale. Invitiamo tutta la cittadinanza a recarsi a p.zza della Stazione Vecchia a solidarizzare con i ragazzi sul tetto e domani a partecipare al presidio. La mobilitazione continua, il Teatro del Lido non si tocca!.

Comitato cittadino per la riapertura del Teatro del Lido

(Dal blog zeropuntotre)

venerdì 1 ottobre 2010

DEREGULATION DE NOANTRI


Di Enrico Celestino
Uno degli argomenti preferiti da Marco Tutino, coadiuvato in più occasioni da raffinati pensatori come i ministri Bondi e Brunetta e autorevoli sottosegretari come Giro e Carlucci, per avvalorare la tesi della “de-stabilizzazione” degli organici artistici dei teatri, è sempre stato: “ Sono necessarie nuove regole per permettere ai teatri lirici di funzionare meglio e produrre di più”. Che è poi il solito argomento ( politici italiani docent ) usato da chi vuole mascherare in primis le proprie mancanze e, a seguire, le proprie mire inconfessabili.
Mire e mancanze
Mire, quelle di Tutino e compagnia cantando (!) che sono, fondamentalmente, di volersi disfare dei complessi stabili dei teatri, sostituendoli con più “agili” e “snelli” complessi modulari quanto precari( un esempio fulgido è l’orchestra  co.co.pro. di Maghenzani e Pellegrini a Parma )
Lo scellerato progetto di cui Tutino è soltanto un epigono, perchè sono anni che, in maniera più o meno manifesta, viene perseguito, prevede in sostanza che un Sovrintendente possa disporre di soldi prevalentemente pubblici in uno status di completa deregulation, in assenza di qualsivoglia controllo e della benchè minima responsabilità di bilancio e quindi  continuare a foraggiare il sistema di agenzie artistiche da sempre imperante nel settore nonchè alimentare la nebulosa attribuzione di compensi non precisamente quantificabili, anche per la natura stessa delle prestazioni artistiche, il tutto in un contesto ad alto rischio di evasione fiscale.
Il liquidatore
Non è un mistero, per chi è dell’ambiente, che l’astuto quanto simpatico Tutino sia stato inviato come liquidatore del Comunale di Bologna.
Esclusi per ovvi motivi la Scala e l’Opera di Roma, il Comunale, all’epoca dell’insediamento di Tutino, rappresentava, fra i teatri disponibili, ciò che di più pericoloso ci potesse essere per i fautori della non-stabilità: ottima visibilità internazionale; prestigio consolidato da importanti Direttori Stabili come Chailly e poi Gatti; Orchestra compatta e organizzata sotto una sola sigla sindacale.
Era necessario scardinare tutto questo per annichilire, nella logica di “colpire uno per educare cento”, contemporaneamente tutte le Fondazioni e la presidenza dell’Anfols dello stesso Tutino con  conseguente progressiva dissociazione della maggior parte dei Sovrintendenti, è stata un ulteriore strumento per Tutino e Co.
L’uso dei media 
Sicuramente allo scopo di “terminare” le orchestre dei Teatri è stato funzionale il fuoco di copertura mediatico di cui accennavamo all’inizio, portato dai vari Bondi (“…gli attuali contratti integrativi che consentono a questi lavoratori, in alcuni casi, privilegi ingiustificati, senza garantire un’adeguata produttività.” “…i contratti delle fondazioni prevedono 16 ore di lavoro a settimana…” Carlucci ( “ Gli organici esorbitanti impediscono di usare fondi per produrre, gli stipendi assorbono l’80%” ) etc. etc.
E’ chiaro che, in prima istanza, se cotanti galantuomini sapessero di trovarsi in presenza di un’informazione meramente degna non si permetterebbero di propalare così enormi scempiaggini prive  di fondamento  di logica come “ …concertare nuove regole per cui si lavori di più e meglio, senza vuoti di programmazione, con turni più serrati e senza ricorrere ad aggiunti esterni…” o  “…se anche il Fus fosse il doppio, i teatri non farebbero una sola recita in più…”.
Un giornalista un minimo informato sulla materia, infatti, potrebbe smontare prontamente il castello di carte del Pinocchio di turno citando i dati reali o domandando perchè allora l’orchestra di Bologna, ad esempio, è ampiamente sottoutilizzata rispetto al contratto di lavoro.
Questa mattina sul Fatto Quotidiano, Marco Travaglio diceva: “…il compito di un giornale non è quello di mettere un microfono in bocca a questo o quello, ma verificare l’attendibilità di quel che dice…”
Vuoti a perdere
Tornando al merito delle dichiarazioni, non si capisce cosa abbia a che fare il contratto di lavoro con i “vuoti di programmazione”. Questi ultimi sono legati piuttosto alle capacità di gestione di Sovrintendenti, Direttori Artistici e, casomai, degli uffici preposti.
Un’orchestra o un coro impiegati per soli dieci giorni in un mese, magari per poche serate di spettacolo, denunciano un problema di inidoneità dei cosiddetti “manager”, non dei dipendenti o del contratto.
Per essere più chiari. Se io, Prima Viola del Teatro Comunale di Bologna faccio una sola recita in un mese o ne faccio venti, costo al Teatro esattamente la stessa cifra.
Allora può darsi che il problema stia da un’altra parte.
Per esempio nei cachet di artisti e registi o nei costi degli allestimenti o magari nel mancato coordinamento fra le Fondazioni nello scambio di allestimenti. Chissà.
O, più semplicemente, tutto sta in una realtà inconfessabile: l’Italia destina lo 0,16% del PIL alla cultura, la media europea è dell’1,4%. E questo è un dato riferito a prima dei tagli Bondiani.
Però nella campagna di stampa di cui sopra ( come nel decreto Bondi ) non abbiamo mai letto nulla al proposito mentre non mancava mai una citazione a privilegi e stipendi principeschi degli orchestrali
Proposte, non proteste
E’ stato più volte dimostrato, proprio qui al Comunale di Bologna, che la risposta di pubblico a proposte di programmi anche di facile ascolto e non necessariamente con protagonisti di fama è sempre stata positiva.
I bolognesi, come il resto del pubblico italiano, hanno sete di musica ( e di spettacolo in genere ) e le serate di Musica Insieme o Bologna Festival o dell’Orchestra Mozart non bastano a soddisfarli.
Orchestra e Coro potrebbero quindi essere impiegati in produzioni a costo zero che potrebbero riavvicinare il pubblico fuggito dalle recite-saggio della Scuola dell’Opera di Tutino.

Invece no. Si è deciso che il cancro dei teatri italiani sono gli stipendi delle orchestre. E questo basti
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This opera is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License30 SETTEMBRE 2010...19:29